dieta mediterranea

Federico II, il “nonno” della dieta mediterranea. Intervista a Elisabetta Moro

La dieta mediterranea fu influenzata da Federico II: ne parla Elisabetta Moro, professore di Antropologia Culturale.

“La dieta mediterranea? Fu influenzata dalla corte di Federico II”.

Elisabetta Moro, docente di Antropologia Culturale all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, non ha dubbi: “La dieta mediterranea? Fu influenzata dalla corte di Federico II”. “Federico II è stato il reggente di un regno sconfinato dal punto di vista dei sapori“. Elisabetta Moro spiega perché la figura di Federico II rimane una delle più importanti della storia.

L’Imperatore è stato il reggente di un regno sconfinato dal punto di vista dei sapori. “La sua figura -dice Moro – rimane una delle più importanti della storia, e a lui si deve il merito di aver riunito le culture di tre civiltà: normanna, araba e greco-latina. Amò il Mezzogiorno d’Italia, ricco di monumenti, campi fertili, boschi, che arricchì con numerose dimore imperiali e castelli”.

I banchetti alla corte di Federico II

Attorniato da una corte di scienziati, letterati, poeti d’ogni nazionalità, Federico II era solito offrire fastosi banchetti ricchi di odori, colori, suoni e sapori diversi che appagavano i cinque sensi. I conviti venivano serviti a seconda delle stagioni in una tavola dominata dal giallo dello zafferano fino al rosso delle melagrane.

L’insalata e la frutta erano consumate all’inizio del pasto per preparare lo stomaco alle prelibatezze successive. Poi si gustavano le altre portate “condite” con simboli di opulenza quali spezie, canti, danze e rappresentazioni di commedie. Una parte importante dei menù era occupata dalla selvaggina allo spiedo, all’Imperatore piacevano particolarmente i volatili cacciati con i falchi, come i colombi spalmati di miele e passati alla brace con erbe aromatiche.

Fu Federico II stesso ad introdurre la figura del siniscalco, l’esperto che doveva tagliare il suo bottino di caccia. Non da meno l’Imperatore amava il pesce, come dimostra un ordine da lui scritto a Riccardo di Pucaro della Curia di Foggia: “Alla tua fedeltà ordiniamo che a Berardo cuoco della nostra cucina, tu faccia pervenire dei buoni pesci di Lesina ed altri dei migliori che si possano trovare…”.

“Federico II”, continua Elisabetta Moro, che è una delle curatrici del volume “Le origini della cucina italiana, da Federico II a oggi” unitamente a Paola Adamo, Valentina Della Corte e Francesca Marino presentato stamane nell’aula del Senato accademico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II., “introducendo le contaminazioni della cucina araba ha lasciato un segno nella storia della gastronomia italiana; basti pensare ai dolci che apprezziamo tutt’oggi, come il marzapane, i canditi, i confetti, o la cassata”.

La ricerca antropologica dello “Stupor mundi”

“Federico II è stato il reggente di un regno sconfinato dal punto di vista dei sapori – ammette la docente di Antropologia dell’Unisob Napoli – Da un lato, intorno alla sua corte iniziarono a prendere spazio gli orti e, più in generale, una razionalizzazione del coltivo. Dall’altro, quello che sappiamo contraddistinguere la cucina della sua epoca era una ricerca unica della raffinatezza, specialmente nella cura dei cibi e del piatto per stupire gli ospiti. Un po’ come accade oggi nei ristoranti stellati“.

Due i libri fondamentali che hanno permesso di ricostruire usanze culinarie e ricette: Il Meridionale, datato intorno al 1240 e il Liber de coquina, una delle più importanti testimonianze sulle abitudini alimentari presso le corti italiane ed europee del tardo Medioevo.


Grazie al Meridionale sappiamo che Federico II aveva disponibilità di zucchero e di canna da zucchero che l’Imperatore incentivava a valorizzare. Poi, la ricchezza di spezie: ”c’è una ragione per cui si speziava molto il cibo, perché esso andava incontro al corrompimento e quindi veniva spesso inondato di pepe e noce moscata che aiutavano a nasconderne il sapore forte“.

La cucina per unificare il regno

Dal Liber de coquina emerge poi il progetto di Federico II con il quale fare della cucina uno degli elementi per unificare il suo regno. Come il volgare di Dante che poi si è esteso fino a diventare la lingua della nuova Italia, la cucina di Federico II “dominerà fino a tutto il medioevo con ricette che troviamo ancora oggi“. Ad iniziare dalle frappe di Carnevale, le tigelle, la selvaggina ed il riso, le pagnottine di pane riempite di salumi, fino alle conoscenze tecniche diffuse già da allora su come preparare gli insaccati.


Al di fuori della corte è interessante osservare cosa mangiasse il popolo: animali da cortile e molto pesce lungo le coste. Poi i cereali, con i quali producevano focacce e pane. Infine, gli ortaggi raccolti dagli orti e molte zuppe.


“Noi siamo convinti che la contemporaneità sia l’epoca più felice dal punto di vista della sanità alimentare ma ciò che emerge è come già i contemporanei di Federico II fossero alla ricerca di un’alimentazione sana, varia e di sicuro vicina al naturale, incalza la professoressa Moro, “Con Federico II l’alimentazione torna ad essere uno dei cardini della vita umana sulla base del rapporto tra cibo e salute recuperato dall’Imperatore grazie alla sua conoscenza della cultura greca e latina“.

Lo zafferano e la cucina “dorata”

Tra gli elementi protagonisti della cucina della Corte dello “Stupor Mundi” vi era lo zafferano. Lontano da Milano, che lo ha reso nel tempo parte della propria identità culinaria, lo zafferano popolava le numerose ricette di carne della corte dell’Imperatore. Le ragioni stanno nella vicinanza del Mezzogiorno d’Italia con l’oriente e la posizione strategico nei commerci con i paesi produttori di zafferano ma anche nel significato simbolico che esso porta con se.


“A tavola siamo tutti mescolati almeno da qualche millennio” dice ancora Moro, “lo dimostra la storia delle culture e delle colture mediterranee, alimentata da continui scambi di piante, semi, tecniche, ricette e manufatti tra le diverse sponde del Mare nostrum. Dalle pentole di Pantelleria ai vini di Samo, dai mandarini di Tangeri al miele ibleo, dalla parmigiana di melanzane alla pasta.


In realtà – conclude l’antropologa napoletana – la storia, interrogata senza campanilismi e senza localismi, ci dice che l’autoctonia è un mito sia sul piano etnico sia su quello enogastronomico, e la gastronomia è frutto di migrazioni, mescolanze e prestiti.

La dieta mediterranea e il fasting

In questo scenario la dieta mediterranea o il “mediterranean way of life” rappresenta una ricetta per vivere insieme, fatta non solo di cibi buoni e sani, ma anche e soprattutto di valori etici e sociali, di modelli di convivialità, educazione alla sostenibilità, di propensione allo scambio e disponibilità all’integrazione. Insomma, è la prova generale dell’umanità di domani”.

“L’imperatore era certamente attento alla dieta – spiega la nostra interlocutrice – in perfetta linea con i precetti medici dell’epoca. Secondo un cronista del tempo, il francescano Giovanni di Winterthur, fu solito digiunare e mangiare una sola volta al giorno, secondo una pratica in lui indotta non da ascetismo o da devozione religiosa, come sarebbe stato commendevole per la salvezza dell’anima, ma dal desiderio di conservare in salute il corpo. Di certo, Federico amò sulla sua tavola ampie varietà di cibi, dalle verdure, alla carne e al pesce, conditi con salse spesso agrodolci e speziate, compresa la askipecia”.

Per l’antropologa Moro, “Il volume ci fa immaginare almeno in parte quelli che potrebbero essere stati gli stili alimentari dell’epoca tardo-medievale e ci racconta come questi erano in quel periodo positivamente influenzati dalla notevole disponibilità di ingredienti soprattutto nell’area euro mediterranea. Ci illustra inoltre come, in quel periodo, si sviluppa un nuovo approccio ‘edonistico’ alla preparazione dei cibi, che talvolta superava anche quello medico salutistico, naturalmente in un contesto storico in cui il movimento e l’esercizio fisico era una normale componente della quotidianità, anticipando alcuni dei principi della moderna dieta mediterranea”.

Di Anna Summonte

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